Aldo Bianchini
SALERNO – “Non credo” (inizio con le sue stesse parole!!) che la questione sollevata intorno e dentro il famigerato “brand di Salerno” dai tantissimi giovani salernitani amanti del web possa essere ridotta a semplice esercizio pseudo cultural-popolare. Non può neppure essere scambiata con “posizioni rigide e arroccate del tipo <mi piace> o <non mi piace> o, ancora <è una schifezza> o <un capolavoro>”. La questione è più semplice gentile professor Giuseppe Cacciatore. Il sindaco di Salerno ha, per l’ennesima volta, offeso le radici profonde della città, quelle radici che erano ben piantate nelle cosiddette “chiancarelle”. Da Lei, o meglio da te”, mi sarei aspettato (al di là delle personali convinzioni!!) una presa di posizione convinta delle vere radici della salernitanità, te lo dice uno che salernitano è soltanto d’adozione essendo nato, come il sindaco, in provincia di Potenza. Io a Muro Lucano e lui a Ruvo del Monte. Gli eredi delle generazioni delle chiancarelle si sono ribellati tumultuosamente a questa ennesima e monocratica offesa perché vogliono far capire a te, a me ed a tutti i salernitani d’adozione (forse il 95% degli attuali residenti) che quel 5% di salernitani veracissimi non vogliono manifestare “elementi di volgarità” (sono parole del sindaco, caro prof.!!) ma affermare il diritto alla sopravvivenza di storiche radici. L’opera faraonica, da prima città europea (sarà vero!!!, ma balle di questo genere sinceramente non ne avevo ancora sentite!!), della piazza più grande della storia non poteva e non doveva cancellare ogni residua traccia dei magazzini, dei cantieri e delle famose chiancarelle. Nessuno in questa città si è ribellato al cospetto di cotanto scempio storico-culturale, perché si caro prof anche le chiancarelle facevano parte della storia, e non solo urbanistica, di Salerno. Non c’è bisogno di smuovere il doppio registro della riflessione filosofica per capire che i giovani non possono tener conto dei problemi di convivenza di uomini e civiltà, culture e generi, ceti sociali e generazioni. I giovani esplodono. Punto. Dal lontano 1994, quando senza applausi lasciasti il salone dei marmi per allontanarti dalla politica egemone di De Luca, ho visto in te sempre e comunque la vera alternativa culturale ed anche politica al governo monocratico di un uomo solo al comando. Gli uomini soli al comando esistono, forse, soltanto nello sport; l’ultimo fu mitizzato da Orio Vergani, valente giornalista-radiocronista, che lo fece passare alla storia con la frase “un uomo solo al comando, la sua maglia è bianco-celeste, il suo nome è Fausto Coppi”. Oggi, dopo tanti anni, non vorrei ricredermi, ho troppo rispetto delle tue convinzioni personali, a te può benissimo piacere il brand ma non puoi non riconoscere che le radici e la storia sono ben altra cosa. Ho incontrato un anziano signore sul Corso Vittorio Emanuele che stava leggendo la tua opinione pubblicata dal Corriere del Mezzogiorno. Era visibilmente arrabbiato con De Luca ed anche con te. Mi ha raccontato brevemente la sua storia. Da ragazzino si era appartato con la sua fidanzatina all’interno delle chiancarelle e dopo vari approcci era quasi riuscito a convincere la giovane fanciulla a cedere alle sue lusinghe. All’improvviso un grido di paura, un ratto era salito sul piede della ragazzina, fuga precipitosa e addio a lusinghe e baci amorosi. Non ci fu più nulla da fare, almeno fino al giorno delle nozze. Adesso l’anziano signore è nonno di diversi giovani nipoti. La sua vita, probabilmente, cambiò radicalmente proprio in quella lontana sera dei primi anni cinquanta nel dedalo delle chiancarelle, da dove verosimilmente parte una buona fetta della storia dell’intera città. Contrariamente a te ed a Vignelli ritengo che Salerno abbia bisogno di “comunicazione narrativa, non soltanto simbolica”. Da te, in definitiva, mi sarei aspettato un doveroso e sonoro rimbrotto per De Luca. Questo al di là delle tue rispettabili convinzioni che non hanno, comunque, offeso nessuno.