Maria Chiara Rizzo
Piazza Tahrir ha ricominciato a popolarsi di ospedali da campo, piccole cliniche e farmacie improvvisate a seguito delle violenti repressioni messe in atto dalla polizia contro i manifestanti scesi nella piazza principale della capitale egiziana, simbolo delle rivolte che hanno piegato il regime di Mubarak. La popolazione si è nuovamente riversata nelle strade per manifestare il suo dissenso al potere dei militari che non hanno mostrato di poter garantire l’avvio del processo di democratizzazione tanto anelato dagli egiziani. Il forte malcontento è esploso a circa una settimana dalle elezioni previste per il 28 novembre prossimo, con la richiesta delle dimissioni del potere militare che fa le veci, sebbene temporaneamente, del regime di Mubarak. Centinaia tra medici, infermieri, studenti e volontari, stanno prestando aiuto ai feriti che, secondo testimonianze, affollerebbero le circa sette strutture di soccorso nate per curare casi che non richiedono interventi chirurgici. I materiali e i farmaci a disposizione dei medici sono forniti da attivisti e simpatizzanti che aiutano nei limiti del possibile. Il numero dei feriti dichiarato dal Ministero della Sanità è di gran lunga inferiore a quello reale e questo perché il ministero registra solo quanti si recano negli ospedali della città. I medici e il resto del personale che prestano i primi soccorsi hanno riferito che sabato è stata la giornata più sanguinosa. Secondo le testimonianze dell’équipe, i feriti che arrivano negli ospedali da campo sono svenuti per i gas lacrimogeni inalati oppure presentano fratture, contusioni e tagli procurati il più delle volte da colpi di pietre e bottiglie spaccate. Questa volta la polizia ha usato le maniere forti, ricorrendo all’uso di razzi e fucili e pallottole di gomma che hanno ferito un numero notevole di manifestanti. Le testimonianze locali mettono in luce che le forze di polizia hanno distrutto l’ospedale da campo creato nel mezzo di piazza Tahrir, bruciando la tenda e le forniture mediche. Sembrerebbe che alcuni medici e volontari di questi ambulatori siano stati picchiati e intimiditi dalla polizia per distoglierli dal prestare soccorso ai civili. I dati allarmanti sono troppi: nessun politico ha preso posizione e l’escalation di violenza non si arresterà ora che il giorno delle elezioni si avvicina. Così, si sbiadiscono le speranze di un popolo che ha rovesciato un dittatore, vincendo una grossa battaglia, ma non la guerra per la democrazia