Ieri mattina, nel Duomo di Salerno il Vescovo Monsignor Luigi Moretti ha celebrato la Santa Messa in onore della “Virgo Fidelis”, alla presenza delle autorità cittadine e di una nutrita rappresentanza di militari dei vari gradi del Comando Provinciale di Salerno, dell’Associazione Nazionale Carabinieri e dell’Opera Nazionale di Assistenza per gli Orfani dei Militari dell’Arma dei Carabinieri (O.N.A.O.M.A.C.). Al termine della funzione religiosa, il Comandante Provinciale dei Carabinieri di Salerno Col. Fabrizio Parrulli, dopo aver ringraziato il Vescovo per aver officiato il rito religioso della “Virgo Fidelis” e, in particolare, per aver richiamato nella sua omelia i valori di sensibilità e fedeltà dei Carabinieri, si è soffermato sul significato religioso della cerimonia. La celebrazione della Virgo Fidelis risale all’11 novembre 1949, quando Sua Santità Pio XII proclamava ufficialmente Maria “Virgo Fidelis Patrona dei Carabinieri”, fissando la data della festa il 21 novembre, in concomitanza della sua presentazione al Tempio. La Vergine in atteggiamento raccolto mentre, alla luce di una lampada legge in un libro le parole profetiche dell’Apocalisse: “Sii fedele sino alla morte” (Apoc.2,10). La scelta della Madonna “Virgo Fidelis”, come celeste Patrona dell’Arma, è indubbiamente ispirata alla fedeltà che, propria di ogni soldato che serve la Patria, è caratteristica dell’Arma dei Carabinieri che ha per motto: “Nei secoli fedele”. E fedeltà fino alla morte è quella del 1° Battaglione Carabinieri e Zaptiè mobilitato, che il 21 novembre del 1941, 70 anni fa, si sacrificò in una delle ultime cruente battaglie in terra d’Africa. Il rito religioso della commemorazione, lega la “Virgo Fidelis” all’evento bellico del 21 novembre 1941. Ha dato poi lettura della motivazione della Medaglia d’oro al valor militare conferita alla Bandiera dell’Arma per il fatto d’arme: “Il 18 maggio 1941, con l’onore delle armi, capitolavano le truppe che, agli ordini del duca Amedeo D’Aosta, avevano presidiato l’Amba Alagi. Rimanevano però ancora in armi presidi a Gondar. Tutt’intorno al capoluogo, infatti, erano stati realizzati 4 efficienti baluardi difensivi tra i quali, a sud est, quello di Culqualber. Culqualber, parola composita che in amarico vuol dire “passo delle euforbie”, è una sperduta località montana, per la quale passava, in ripidi tornanti, l’unica rotabile che dalla lontana Addis-Abeba portava a Gondar, lontana una cinquantina di chilometri. I Carabinieri vi giunsero il 6 agosto 1941 e si schierarono con le altre unità presenti: in tutto circa 2.000 uomini tra nazionali e coloniali. Il Battaglione, agli ordini del maggiore Alfredo Serranti, era formato da due compagnie miste, comandate rispettivamente dal capitano Giovanni Celi e dall’allora tenente Dagoberto Azzari. La consegna era di resistere, a oltranza, impedendo al nemico di oltrepassare la Sella stradale. Inizialmente gli attacchi al caposaldo furono portati da grosse bande abissine appoggiate dall’aviazione, che martellava le posizioni difensive ancora in allestimento. In più occasioni venne offerta al presidio italiano la resa, con l’onore delle armi, sempre rifiutata. Poi, a metà ottobre, il nemico ricevette cospicui rinforzi in uomini e mezzi. Il 13 novembre 1941, ebbe inizio la battaglia finale. Gli attacchi si protrassero per ben 9 giorni, finché, il 21 novembre, la resistenza dei leoni di Culqualber fu sopraffatta. Cadde il Magg. Serranti, caddero altri Eroi del Battaglione Carabinieri che meritò alla Bandiera dell’Arma la seconda Medaglia d’Oro al valor Militare, con la seguente motivazione: “Glorioso veterano di cruenti cimenti bellici, destinato a rinforzare un caposaldo di vitale importanza, vi diventava artefice di epica resistenza. Apprestato saldamento a difesa d’impervio settore affidatogli, per tre mesi affrontava con indomito valore la violenta aggressività di preponderanti agguerrite forze, che conteneva e rintuzzava con audaci atti controffensivi, contribuendo decisamente alla vigorosa resistenza dell’intero caposaldo, ed infine, dopo aspre giornate di alterne vicende, a segnare, per l’ultima volta in terra d’Africa, la vittoria delle nostre armi. Delineatasi la crisi, deciso al sacrificio supremo, si saldava graniticamente agli spalti difensivi e li contendeva al soverchiante avversario in sanguinosa, impari lotta corpo a corpo, nella quale comandante e carabinieri, fusi in un sol eroico blocco, simbolo delle virtù italiche, immolavano la vita perpetuando le gloriose tradizioni dell’Arma. Culqualber Africa Orientale agosto – novembre 1941”. Ma oggi si celebra anche la “Giornata dell’Orfano”, istituita nel 1996, che rappresenta per l’Istituzione e per l’Opera Nazionale di Assistenza per gli Orfani dei Militari dell’Arma dei Carabinieri l’occasione per fornire alle famiglie dei colleghi caduti nell’adempimento del dovere un forte sostegno morale, volto ad attenuare il dolore di un vuoto che resterà per sempre incolmabile. A tal proposito, il Col. Parrulli, al termine della Messa, ha consegnato a 6 giovani, orfani dell’Arma, un assegno come contributo studio “buon profitto” da parte dell’Opera Nazionale di Assistenza per gli Orfani dei Militari dell’Arma dei Carabinieri: D’Alessio Giovanni di Eboli; Vitale Antonella di Cava dei Tirreni; Cuccaro Simone di Cava dei Tirreni; Voto Antonio Federico di San Cipriano Picentino; Vallelunga Roberta Giuseppina di Montecorvino Pugliano e Nigro Sara di Prignano Cilento.