Da Daniela Lombardi
D. PERCHE’ LA SCRITTURA?
R. – Il coinvolgimento che la “scrittura” procura è qualcosa che non posso definire con precisione , perché la necessità di scrivere , e nel mio caso specifico la “poesia” , è un input che pungola quotidianamente, come una necessità impellente, che impegna il cervello in toto, facendo rotolare pensieri e immagini in un mulinello continuo , quasi “pensiero dominante”. Allora : perché scrivere ? Per comunicare con l’altro, nella speranza di creare insieme qualcosa che sia illuminante, qualcosa che , come una preghiera, sia alla ricerca della “verità” in ogni campo : dalla morale al sociale, dalla politica alla quotidianità, dalla illusione all’amore. L’intuizione organizza il linguaggio condannando l’errore e si nutre di riferimenti diversi , che si agganciano alla tradizione per elaborare tutto ciò che la cultura offre.
- D. CHE COSA RAPPRESENTA UN ARTISTA PER LA SOCIETA’?
R. Purtroppo molte volte nel corso della storia l’artista è stato giudicato un perditempo, un simulatore di costumi. Il poeta che nella sua concezione alta della scrittura si dibatte fra le giustificazioni teoriche dello stile e lo sfilacciamento e indebolimento della società contemporanea , nella quale e per la quale la cultura in genere va depauperandosi ogni giorno di più, vuoi per la carenza della classe docente, vuoi per la invadenza della televisione “monnezza” o dei mass media deficitarii, il poeta, vero e preparato, potrebbe rappresentare un punto di riferimento molto importante.
- D. COSA VUOL COMUNICARE?
R. Rischio di ripetermi nel sottolineare che l’artista vuol comunicare qualcosa che gli altri non riescono a recepire o a comprendere , un passo avanti in tutti i campi ,dall’amore al gioco, dalla filosofia alla religione , dalla politica alla ricerca della famosa “verità” , che forse nessuno sarà capace di raggiungere. Nel confortevole rimaneggiamento della cronaca il disagio e la instabilità della realtà vengono capovolti cercando di inseguire ciò che resta della procedura.
- D. VEDERE CHE TANTI SI OCCUPANO DI TE, SCRIVONO DI TE , TI FA SENTIRE “ARRIVATO”?
R. No ! Sono oltremodo felice per la numerosa messe che ho raccolto durante gli anni. Sono oltremodo felice perché la critica mi ha sempre seguito con attenzione e mi ha ben accolto come poeta a tutto tondo. Da Alberto Asor Rosa, che mi segnala nella sua “Letteratura italiana” (Einaudi), a Giovanni Raboni, da Giorgio Bàrberi Squarotti a Dante Maffia, da Gilberto Finzi a Ugo Piscopo, Da Giorgio Linguaglossa a Ciro Vitiello, da Plinio Perilli a Sandro Montalto, ad Alberto Cappi, a Stefano Lanuzza, a Felice Piemontese, Gio Ferri, Giorgio Manacorda, Matteo D’Ambrosio, Luigi Fontanella, Carlo Di Lieto, (solo per ricordarne qualcuno), il riconoscimento è stato sempre molto lusinghiero. Ma il vocabolo arrivato” non mi piace, perché secondo me non c’è nella poesia un punto di arrivo conclusivo e definitivo. La ricerca non si ferma mai e si desidera sempre di aggiungere un “passo” valido a tutto quanto hai scritto o fatto sono ad oggi. Forse la storia di un artista è in continuo fieri…e solo la morte potrà interrompere la sua officina.
- D. LA VITA VISTA CON GLI OCCHI DI UN ARTISTA
R. Non credo ci siano differenti modi di affrontare la vita per un artista o per un uomo qualunque, perché le necessità materiali sono uguali per tutti. Il pane quotidiano è il “primum movens” per ogni uomo che voglia sopravvivere. Una differenza allora la possiamo ritrovare nei diversi modi di confrontarsi con la cultura. Il bagaglio che riusciamo a costruire durante gli anni senza alcun dubbio differenzia l’uomo qualunque, l’uomo che non coltiva sentimenti e filosofie, l’uomo che si tiene fuori dal dibattito , e il poeta che con grande fatica ha arricchito la sua mente e ha gioito per le sue conquiste filosofiche.
- D. LA MORTE VISTA CON GLI OCCHI DI UN ARTISTA
R. La “Falce” è quotidianamente sospesa sul capo e non da tregua con la sua nera ombra, si propone ad ogni passo e sogghigna nella certezza che prima o poi sarà capace di colpire per l’ultimo sospiro. La certezza della fine la vivo avvertendo il dispiacere di dover lasciare tutto sospeso, anche se ogni sforzo è indirizzato a concludere , ora dopo ora , qualcosa di tangibile e di duraturo. Non ho paura della morte , perché la accetto come un evento naturale , inesorabile, definitivo. Come disse il “filosofo” : “quando ci siamo noi non c’è la morte, e quando c’è la morte non ci siamo noi”, per cui non mi spaventa il dopo ! O ci sarà un eterno gioire nell’empireo, o ci sarà il nulla, il sonno pacificatore.
- D. I PIACERI DELLA VITA E LE COSE BRUTTE DELLA VITA –
R. Le cose belle della vita le posso elencare più o meno in questo modo : l’amore – nel senso più alto della sua espressione -, la salute, l’intelletto, il sesso, i figli, l’amicizia, il sole, il mare, la poesia, la speranza ed il credo in un Dio salvifico.
Le cose brutte invece : la guerra, l’odio, la gelosia, l’invidia, le neoplasie, l’incapacità politica dei governanti, l’incultura, il buio, l’infelicità.
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