Antonio Spagnuolo: a tu per tu

Da Daniela Lombardi

D.     PERCHE’ LA SCRITTURA?

R. –   Il coinvolgimento che la “scrittura” procura è qualcosa che non posso definire con precisione , perché la necessità di scrivere , e nel mio caso specifico la “poesia” , è un input che pungola quotidianamente, come una necessità impellente,  che impegna il cervello in toto, facendo rotolare pensieri e immagini in un mulinello continuo , quasi “pensiero dominante”.  Allora : perché scrivere ? Per comunicare con l’altro, nella speranza di creare insieme qualcosa che sia illuminante, qualcosa che , come una preghiera, sia alla ricerca della “verità” in ogni campo : dalla morale al sociale, dalla politica alla quotidianità, dalla illusione all’amore. L’intuizione organizza il linguaggio condannando l’errore e si nutre di riferimenti diversi , che si agganciano alla tradizione per elaborare tutto ciò che la cultura offre.

  1. D. CHE COSA RAPPRESENTA UN ARTISTA  PER LA  SOCIETA’?

R. Purtroppo molte volte nel corso della storia l’artista è stato giudicato un perditempo, un simulatore di costumi. Il poeta che nella sua concezione alta della scrittura si dibatte fra le giustificazioni teoriche dello stile e lo sfilacciamento e indebolimento della società contemporanea , nella quale e per la quale la cultura in genere va depauperandosi ogni giorno di più, vuoi per la carenza della classe docente, vuoi per la invadenza della televisione “monnezza” o dei mass media deficitarii, il poeta, vero e preparato, potrebbe rappresentare un punto di riferimento molto importante.

  1. D. COSA VUOL COMUNICARE?

R. Rischio di ripetermi nel sottolineare che l’artista vuol comunicare qualcosa che gli altri non riescono a recepire o a comprendere , un passo avanti in tutti i campi ,dall’amore al gioco, dalla filosofia alla religione , dalla politica alla ricerca della famosa “verità” , che forse nessuno sarà capace di raggiungere. Nel confortevole rimaneggiamento della cronaca il disagio e la instabilità della realtà vengono capovolti cercando di inseguire ciò che resta della procedura.

  1. D. VEDERE CHE TANTI SI OCCUPANO DI TE, SCRIVONO DI TE , TI FA SENTIRE “ARRIVATO”?

R. No ! Sono oltremodo felice per la numerosa messe che ho raccolto durante gli anni. Sono oltremodo felice perché la critica mi ha sempre seguito con attenzione e mi ha ben accolto come poeta a tutto tondo. Da Alberto Asor Rosa, che mi segnala nella sua “Letteratura italiana” (Einaudi), a Giovanni Raboni, da Giorgio Bàrberi Squarotti a Dante Maffia, da Gilberto Finzi a Ugo Piscopo, Da Giorgio Linguaglossa a Ciro Vitiello, da Plinio Perilli a Sandro Montalto, ad Alberto Cappi, a Stefano Lanuzza, a Felice Piemontese, Gio Ferri, Giorgio Manacorda, Matteo D’Ambrosio, Luigi Fontanella, Carlo Di Lieto, (solo per ricordarne qualcuno), il riconoscimento è stato sempre molto lusinghiero.   Ma il vocabolo arrivato” non mi piace, perché secondo me non c’è nella poesia un punto di arrivo conclusivo e definitivo. La ricerca non si ferma mai e si desidera sempre di aggiungere un “passo” valido a tutto quanto hai scritto o fatto sono ad oggi. Forse la storia di un artista è in continuo fieri…e solo la morte potrà interrompere la sua officina.

 

  1. D. LA VITA VISTA CON GLI OCCHI DI UN ARTISTA

R. Non credo ci siano differenti modi di affrontare la vita per un artista o per un uomo qualunque, perché le necessità materiali sono uguali per tutti. Il pane quotidiano è il “primum movens” per ogni uomo che voglia sopravvivere. Una differenza allora la possiamo ritrovare nei diversi modi di confrontarsi con la cultura. Il bagaglio che riusciamo a costruire durante gli anni senza alcun dubbio differenzia l’uomo qualunque, l’uomo che non coltiva sentimenti e filosofie, l’uomo che si tiene fuori dal dibattito , e il poeta che con grande fatica ha arricchito la sua mente e ha gioito per le sue conquiste filosofiche.

 

  1. D. LA MORTE VISTA CON GLI OCCHI DI UN ARTISTA

R. La “Falce” è quotidianamente sospesa sul capo e non da tregua con la sua nera ombra, si propone ad ogni passo e sogghigna nella certezza che prima o poi sarà capace di colpire per l’ultimo sospiro. La certezza  della fine la vivo avvertendo il dispiacere di dover lasciare tutto sospeso, anche se ogni sforzo è indirizzato a concludere , ora dopo ora , qualcosa di tangibile e di duraturo. Non ho paura della morte , perché la accetto come un evento naturale , inesorabile, definitivo. Come disse il “filosofo” : “quando ci siamo noi non c’è la morte, e quando c’è la morte non ci siamo noi”, per cui non mi spaventa il dopo ! O ci sarà un eterno gioire nell’empireo, o ci sarà il nulla, il sonno pacificatore.

  1. D. I PIACERI DELLA VITA E LE COSE BRUTTE DELLA VITA –

R. Le cose belle della vita le posso elencare più o meno in questo modo : l’amore – nel senso più alto della sua espressione -, la salute, l’intelletto, il sesso, i figli, l’amicizia, il sole, il mare, la poesia, la speranza ed il credo in un Dio salvifico.

Le cose brutte invece : la guerra, l’odio, la gelosia, l’invidia, le neoplasie, l’incapacità politica dei governanti, l’incultura, il buio, l’infelicità.

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