Disertori dell’esercito siriano attaccano una delle principali basi militari del governo, nei pressi di Damasco. Un colpo duro, se non il più significativo, per il governo di Bashar Al Assad che sta attraversando una delle fasi più critiche della politica dello scoppio delle violenze nel marzo scorso. L’Esercito Libero Siriano è nato dall’unione dei disertori dell’esercito ufficiale e adotta la tattica della guerriglia attraverso l’impiego di razzi e mitragliatrici, come è accaduto mercoledì scorso nella città di Harasta, vicino alla capitale siriana, distruggendo parte dell’edificio della Forza Aerea. Il governo siriano accusa forze straniere di essersi coalizzate dando vita a un complotto, di armare bande di criminali e di celarsi dietro il movimento di protesta, ma il capo dell’ELS fa sapere dalla Turchia, attraverso media stranieri, che le armi provengono dall’interno del Paese. Il portavoce dell’ELS ha sottolineato che ogni giorno nuovi militari disertori si uniscono all’esercito che non sarebbe ancora in grado di affrontare le forze militari ufficiali e la cui vera missione- continua a spiegare il rappresentante- è di lavorare con il popolo siriano per spodestare il governo e contrastare la macchina militare a servizio del regime. Il Consiglio Nazionale Siriano, che raggruppa diverse fazioni ribelli, ha manifestato profonda simpatia verso l’ELS, ma ha espresso preoccupazione per il rischio di un capovolgimento della natura pacifica delle sommosse. Intanto la comunità internazionale inizia a mobilitarsi: Mosca ha accolto una delegazione dell’opposizione siriana; il re di Giordania ha chiesto ad Assad di fare un passo indietro; la Lega Araba ha sospeso il Paese dalla sua organizzazione. La Turchia sta considerando l’opzione militare per il rafforzamento della frontiera con la Siria attraverso la creazione di una zona cuscinetto, ma ha scartato l’ipotesi di sostenere l’ELS. Nel frattempo il Paese di Erdogan ha fermato le esplorazioni petrolifere condotte in pozzi gestiti dalla compagnia statale turca Tpao con la omologa siriana e sta valutando la possibilità di interrompere le forniture elettriche.