SALERNO – Si voleva a tutti i costi una sentenza e sentenza c’è stata; le coscienze sono lavate. Trent’anni di carcere (almeno a conclusione del giudizio abbreviato) per il più che probabile assassino Danilo Restivo. Limpida e cristallina la sentenza emessa dal Gup Elisabetta Boccassini che silenziosamente e senza battage mediatico ha seguito, studiato e sentenziato. Contrariamente alla cugina, Ilde la rossa, che preferisce i palcoscenici nazionali ed internazionali fin da quando nella Palermo di Falcone e Borsellino iniziò la sua fenomenale carriera di magistrato inquirente. Elisabetta Boccassini, figlia del mai tanto compianto Nicola (giudice a Salerno e procuratore capo a Vallo della Lucania), ha scritto per ora la parola fine a lunghi anni di incertezze, di dubbi, di depistaggi, di coperture, di errori, di leggerezze e di misteri che hanno accompagnato la sparizione prima e il ritrovamento del cadavere poi della poco più che bambina Elisa Claps. Era la mattina del 12 settembre 1993 quando, dalla centralissima Via Pretoria e dalla Chiesa della Santissima Trinità di Potenza la giovinetta Elisa scomparve per sempre, sepolta sotto un cumulo di macerie umane che nel tempo si sono sempre più ingrossate: amici, poliziotti, investigatori, servizi segreti, magistrati, avvocati, giornalisti, esperti scientifici, periti di ogni genere e depistatori di professione. Nulla seppe o volle dire Eliana De Cillis (amica del cuore di Elisa) che quella mattina la accompagnava per Via Pretoria, e come lei tanti altri falsi amici. Un’unica grande figura, immensa, ed altamente umana, seppure piccolissima in natura: mamma Filomena, minuta fisicamente ma coriacea e coraggiosa, supportata tenacemente dal figlio Gildo (fratello di Elisa). E’ stata una battaglia immane che alla fine ha garantito un obiettivo minimo con la condanna di Danilo Restivo che arriva a conclusione di un percorso quasi scontato e senza neppure molte soddisfazioni perché è accompagnata da tanti, tantissimi, misteri. Le domande sarebbero tantissime su chi ha protetto, chi ha coperto, chi ha depistato e chi ha mentito; incorreremmo fatalmente in molte imprecisioni allontanandoci dalla cronaca vera dei fatti che, invece, dicono che la sentenza (a mio modesto avviso) sembra quasi una “sentenza lava coscienze” di tutti quelli che potevano fare e non hanno fatto tutto il possibile per smascherare l’assassino già dopo pochi giorni dalla sparizione di Elisa. Un personaggio su tutti deve essere riportato alla memoria di chi non ha seguito il caso di Elisa, parlo del procuratore della repubblica Gelsomino Cornetta, deceduto alcuni anni fa. Nel settembre del ’93 era procuratore capo a Potenza e nel novembre di quell’anno scrisse al Procuratore Generale che “poteva trattarsi di omicidio per cui si chiedeva l’iscrizione di Restivo come sospetto esecutore materiale del presunto delitto” ed assegnò il caso alla pm Genovese per le indagini preliminari. Lo stesso Cornetta fu, poi, capo della Procura della Repubblica di Salerno dove nel frattempo era approdato il fascicolo giudiziario aperto a carico del giudice potentino Felicia Genovese che aveva indagato nei primi mesi; e fu proprio Cornetta ad assegnare il fascicolo ai pm salernitani Rosa Volpe e Luigi D’Alessio che nel 2001 procedettero all’archiviazione del fascicolo a carico della Genovese con parere conforme del gip Vito Colucci. Infine l’ombra del lunghissimo tempo, dal 2001 al 2010, in cui sull’inchiesta per la scomparsa di Elisa cala un sipario silenzioso e, per certi versi, inquietante. Le stesse modalità del ritrovamento del corpo lasciano interdetti e molti passaggi in quel ritrovamento restano ancora misteriosamente oscuri. Le successive indagini vanno comunque e sempre nelle mani dei due pm D’Alessio e Volpe. Poi il gip Attilio Orio imprime nuovo impulso alle indagini, almeno fino a pochi giorni fa quando è intervenuta la sentenza del gup Boccassini. E’ venerdì 11.11.11 (data storica che ricade ogni cento anni!!) e la sentenza del gup sembra mettere per sempre a tacere anche gli ultimi dubbi, quelli adombrati dal PG Lucio Di Pietro nella conferenza stampa del 29 maggio 2010 su chi ancora oggi potrebbe proteggere e coprire Restivo. E’ venerdì, sempre di venerdì, troppi venerdì in questa lunga e inquietante storia. Dicevo di una sentenza lava coscienze, lo confermo. Siamo di fronte ad una sentenza basata assolutamente e soltanto su prove che trovano fondamento sul “dna” di Restivo che il prof. Introna avrebbe trovato in minime tracce sui resti della povera Elisa. Ricordo ancora le parole fredde e severe del pg Di Pietro quando nella conferenza del 29 maggio 2010 disse testualmente: “Ho imparato molto dalla relazione del prof. Introna”. Oggi, come allora chiesi, chiedo come sia stato possibile per il prof. Introna trovare tracce sostanziose del dna dopo diciassette anni quando oggi in alcuni altri grandi casi giudiziari non si riesce ad individuare neppure su cadaveri ancora caldi e fumanti. Mistero che si aggiunge ai tanti, troppi misteri di questo caso. Soprattutto quando il DNA viene assunto come prova regina si corre forte il rischio di una probabile trappola. Non per niente magistrati, avvocati ed esperti scientifici sono stati chiamati per il 2 e 3 dicembre prossimi ad imparare da genetisti, ma anche da filosofi della scienza, professori di logica e biostatistici in una full immersion togata ad altissimo livello, ovviamente presso l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. Perché? <<Perché si fa presto a dire dna. – scrive Luigi Ferrarella sul Corsera- Che come tutte le prove scientifiche, non è affatto infallibile, pur essendo idonea spesso ad abbreviare i percorsi di ricerca della verità processuale e a ridurre la sdrucciolevole area del ragionevole dubbio>>. Tanti casi recentissimi ci dimostrano la veridicità delle affermazioni di Ferrarella, c’è soltanto da sperare che le intuizioni di Introna, ripeto dopo diciassette anni, non vengano smantellate nei gradi successivi del giudizio; ma anche con la segreta speranza di vedere emergere le tante responsabilità personali che hanno accompagnato il mistero di Elisa, senza guardare in faccia a nessuno, anche (se non soprattutto !!) ai sacerdoti di una chiesa che resta ancora sotto sequestro giudiziario dopo oltre un anno. Soltanto dopo potremo tirare un sospiro di sollievo e dire che giustizia è stata fatta con la certezza che Elisa riposerà in pace per sempre.
direttore: Aldo Bianchini
Io mi chiedo un’altra cosa.il cadavere della ragazza venne scoperto nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza a gennaio, un paio di mesi prima del ritrovamento ufficiale avvenuto il 17 marzo.
Secondo una prima versione, a trovare il corpo sarebbero state due addette alle pulizie, madre e figlia, che comunicarono la notizia ai sacerdoti. Sul posto sarebbe stato notato un teschio. Le due donne, però, hanno negato e accusato il religioso di aver mentito. E don Vagno, nel mentre, si è chiuso in seminario da dove ha fatto sapere ai giornalisti, inizialmente di non voler parlare, poi ha dichiarato di essersi dimenticato del rinvenimento del cadavere. Ma la Chiesa riesce a tacere dinanzi a simile assurdità?
Se Restivo non fosse stato in carcere in Inghilterra a scontare un’altra condanna per un analogo delitto, i giudici italiani sarebbero stati solerti allo stesso modo e, soprattutto, così severi nella condanna?
ma per piaceree,la condanna è stata anche troppo lieve.io seguo la vicenda da 17anni e ricordo tutti i passaggi.mi meraviglio che si dica che si è voluta una condanna a tutti i costi,ma dopo 17 anni si doveva avere un epilogo e restivo ,per me,è colpevole .la sentenza in Inghilterra è stta giustissima ed è la sola che verrà scontata,sappiamo benissimo come va la ‘nostra’giustizia.si rifanno i processi ed escono di prigione e si fanno tante risate alle spalle dei parenti delle vittime.
io ne dubito. ma sia presto tutta la veritá…
a mio parere poco e male si è indagato nell’ambiente ecclesiastico – chi può credere che per 18 anni nessuno sia andato in quel sottotetto.
l’ambiente ecclesiastico è il primo colpevole.Don Mimì SAPEVA,ed ha taciuto.
ha fatto bene Filomena a celebrare il funerale per strada!
Lo afferma da tempo anche Travaglio nei suoi 10 punti su Elisa Claps. il giallo doveva risolversi il giorno successivo se solo gli inquirenti avessero fatto il loro dovere sino
in fondo…
Se possibile vorrei capire da Bianchini, che è un esperto di giudiziaria, come mai un caso già contestato a Potenza viene poi gestito dallo stesso procuratore a Salerno. Mi sembrano aspetti non secondari sui quali mi aspetterei altri approfondimenti.
Ho scoperto da pochi giorni questo nuovo giornale online. Mi complimento con l’autore o gli autori. Mi è piaciuta la domanda che Bianchini pone in merito al “dna” in qaunto sono diversi i casi di cronaca risolti o compromessi dalla cosiddetta “prova del dna”. L’esame dei campioni di dna sulla scena del crimine è una delle cose più difficili sia in letteratura che nella pratica scientifica quotidiana. Il giudice non è mai “il perito dei periti” e sempre più spesso si sente la necessità di non abbandonarsi più mani e piedi all’oracolo del “consulente di turno” perchè nemmeno lui è mai assolutamente neutro per definizione. I telefilm del tipo “CSI” non rappresentano più una coscienza collettiva e scadono spesso nell’ovvietà e mnella fantasia teatrale e/o filmica. Conta tantissimo il metodo dell’analisi del dato raccolto, ma ancor più il metodo nel campionamento di quel dato. Così come il modello di lettura del dato è tributario della statistica non meno che della genetica, giacchè qualunque prova scientifica in definitiva si esprime sempre e solo in termini probabilistici. Ma non voglio continuare a tediare con i miei discorsi. Il giornalista Bianchini ha perfettamente ragione in tutte le sue considerazioni, lo ringrazio per l’opportunità che mi ha dato di potermi esprimere, anche se solo in maniera molto ristretta. on mancheranno, credo, nuove occasioni di dibattito.
Direttore credo che lei non abbia seguito il caso con grande interesse altrimenti saprebbe che il prof. Introna non ha trovato alcun DNA in quanto questa analisi è stata effettuata dai RIS ma a parte questo gli indizi a carico di Restivo sono talmente tanti che è difficile parlare di sentenza che si basa solo sul Dna.
comunque la prova del DNA vale molto.il delitto dell’olgiata si è risolto in base ad esso.
non ci possono essere dubbi su questo perchè il filippino ha confessato.
Scrivo da Cava de’ Tirreni e sono un abitudinario lettore del giornalista Bianchini, così come ero un suo abituale spettatore quando gestiva la tv Quarta Rete. In questo articolo il direttore dimostra un’attenta conoscenza delle cose che dice; difatti quando parla del “dna” probabilmente si riferisce a esilissime tracce che il Restivo ebbe modo di lasciare sulle mani, sui capelli e sugli indumenti della povera Elisa. Il presunto assassino, infatti, ha sempre confermato di aver incontrato la Claps quella mattina, di averle parlato dietro l’altare della Chiesa, di averle stretto la mano, toccato gli abiti e, forse, i capelli (che erano la sua vera passione). I dubbi, poi, espressi da Bianchini sulla qualità di “prova regina” che il dna ha assunto in questi ultimi anni sono pienamente confermati da Michele che, per il modo in cui scrive, sembra essere un vero esperto. Complimenti al giornale.