Salerno – Era già nell’aria e puntualmente è arrivata la bocciatura da parte della Suprema Corte all’iniziativa di arrivare al referendum per la costituzione di una nuova regione. Reagisce male, a mio avviso, il presidente Cirielli <<La sentenza della Corte Costituzionale, di fatto, abroga l’articolo 132 della Costituzione italiana>>. Secondo il Presidente, o meglio secondo chi lo consiglia, la sentenza della Consulta che ha dichiarato non fondata la questione della legittimità costituzionale relativa alla procedura per l’indizione del referendum per la nascita della Regione del Principato di Salerno violerebbe uno degli articoli capisaldi della prima parte della Carta Costituzionale. Ma il Presidente continua <<Tale articolo della Costituzione sancisce la possibilità per i territori superiori ad un milione di abitanti, che ne facciano richiesta, di staccarsi da una Regione per costituirne una nuova. Abbiamo seguito l’iter richiesto, raccogliendo le delibere dei consigli comunali rappresentativi di un terzo della nostro territorio. Chiedere di affrontare la questione anche alle altre province della Campania, o ancora peggio di chiamare le popolazioni di quei territori ad esprimersi per il referendum è profondamente ingiusto perché lede il nostro diritto all’autogoverno, e poiché la Provincia di Salerno pesa solo un quinto dell’intera popolazione campana non potremo mai ottenere la richiesta di un terzo. Se anche fosse possibile, come potremmo pensare che il resto della Campania si recherebbe alle urne? Si renderebbe, di fatto, impossibile il raggiungimento del quorum>>. La risposta la fornisce democraticamente lo stesso Presidente Cirielli, dunque la Corte non ha violato alcun articolo della Carta, anzi. E, a io modesto avviso, non c’è nulla di paradossale nella sentenza che non sottopone la volontà dei salernitani a quella del resto della Campania; si tratta soltanto di un fatto di normalissimo rapporto assolutamente democratico tra maggioranza e minoranza di popolazione. Non regge, su queste basi, neppure l’annunciato ricorso alla Corte di Giustizia dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo o l’appello all’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite relativamente all’autodeterminazione dei popoli. Perché se parliamo di popolo quella Carta delle Nazioni troverebbe pratica applicazione soltanto se l’autodeterminazione del Popolo Italiano (tutto!!) fosse messa in discussione. Su questa linea, gentile Presidente, non si va da nessuna parte e non si apre neppure un conflitto istituzionale. O aveva ben capito l’ex ministro per le aree urbane Carmelo Conte quando immaginò e produsse atti nel solco della cosiddetta Area Metropolitana per contrastare lo strapotere politico e istituzionale di Napoli e del suo interland. Quell’Area Metropolitana metteva al centro di ogni discorso politico, economico e sociale la provincia di Salerno e la sua città capoluogo. Questo, purtroppo, non l’ha capito in tanti anni di dominio neppure il mega sindaco Vincenzo De Luca che si affanna a recitare la parte dell’onnipotente, tanto da arrivare a gridare ai quattro venti che uno come lui non lo troveranno nemmeno tra tre secoli. In verità io spero che non lo trovino nemmeno fra cinque secoli, per buona pace di tutti. Quella di Conte era una battaglia giusta e lungimirante che andava ripresa e portata avanti con forza pur con qualche necessaria modifica rispetto all’attualità dei tempi. Non cada Cirielli nello stesso errore del suo antagonista e si adegui alla pronuncia della Corte che mi appare alquanto equilibrata e al di sopra di ogni colorazione. Dopo la secca bocciatura del Principato riprende quota l’idea della Grande Lucania tenacemente portata avanti da Tiziana Bove Ferrigno, attuale assessore nella giunta Imparato del comune di Padula; sembra riprendere quota soltanto nelle intenzioni del Comitato che si appella sempre all’art. 132 della Carta con riferimento, però, al comma 2 che qui di seguito riporto integralmente: <<Si può, con l’approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Provincie e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione e aggregati ad un’altra>>. I componenti il Comitato fanno leva su quel “Si può” posto all’inizio del comma; io non sono un costituzionalista come credo non lo sia neppure la Ferrigno, so soltanto che anche il comma 1 inizia con le parole “Si può” e nel caso del Principato è arrivato il diniego. Oltretutto la Ferrigno non si sarebbe fermata alla semplice aggregazione di una piccola area (Vallo di Diano) alla regione già esistente (Lucania), la sua megalomania ormai travalica anche quella di Cirielli e vorrebbe (fonte Il Mattino del 24.10.2011) aggregare alla Lucania non solo il Vallo ma tutto il resto della provincia. Il giudizio a Voi lettori.
Cirielli sembra un bambino capriccioso. Lui che ha 3 lauree, di cui una in Giurisprudenza, dovrebbe astenersi da certi commenti che gli fanno fare soltanto brutta figura.
Il ragionamento della Corte Costituzionale è giustissimo. Se ammettessimo il principio voluto da Cirielli, in astratto ogni popolazione con un milione di abitanti potrebbe decidere di dar vita a una nuova regione. In Italia siamo 60 milioni di persone; ogni milione di abitanti si fa la sua regione; risultato: 60 regioni.
E poi l’autodeterminazione dei popoli… ma che siamo il Tibet? Là si può parlare di diritto all’autodeterminazione.
Vabbè, ancora una volta ha dimostrato la sua ottusa testardaggine.