Maria Chiara Rizzo
La liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit in cambio del rilascio di 1027 prigionieri palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane. Questa è la conclusione dell’accordo siglato da Israele e Hamas per la liberazione del militare franco- israeliano, catturato il 25 giugno 2006 sul confine con la Striscia di Gaza da un commando di tre gruppi armati palestinesi. La trattativa si è conclusa martedì sera scorso con la mediazione egiziana. Secondo l’accordo i 1027 detenuti palestinesi, di cui 27 donne, saranno rilasciati in due momenti diversi: i primi 477 (450 uomini e le 27 donne) saranno liberati nel giro di una settimana, i restanti 550 nei prossimi due mesi. Il giorno prima della conclusione dell’accordo il governo palestinese aveva dichiarato che i Palestinesi nelle prigioni israeliane sono più di 6 mila, di cui 38 donne e 280 bambini. “Questo accordo conferma che la resistenza è la sola opzione, la migliore e la più diretta affinché vengano riconosciuti i nostri diritti”, ha dichiarato Ismaïl Radwane, un dirigente di Hamas. Decine di migliaia di Palestinesi si sono radunati martedì sera a Gaza per festeggiare l’accordo, definito “un successo nazionale” da Mahmoud Abbas, il quale si è congratulato con Hamas per la conclusione vincente che è riuscito a negoziare con Israele. Al contrario, commentando la fine della trattativa, il premier Benyamin Netanyahou ha parlato di una “negoziazione difficile” e ha dichiarato di aver concluso l’accordo con l’obiettivo di mettere fine a una delle questioni più delicate e controverse dello scontro tra Hamas e Israele. E mentre sul fronte arabo la notizia è stata accolta con molto clamore, l’opinione pubblica israeliana appare piuttosto divisa. Infatti, nonostante la gioia per la liberazione di Gilad Shalit, molti sono i dubbi che gli israeliani nutrono sul prezzo da pagare in cambio del rilascio del soldato che per qualcuno è da considerare “una ricompensa per il terrorismo”.
direttore: Aldo Bianchini