Tawakul Karman è il nome di una delle tre donne a cui è stato assegnato il Nobel per la Pace ad Oslo il 7 ottobre scorso. Non ci sarebbe niente di strano se non fosse che la giovane donna è un’attivista yemenita per i diritti umani, nonché leader indiscussa del movimento di protesta contro lo spietato regime del presidente Ali Abdallah Saleh. Nel corso della cerimonia, il Comitato norvegese per il Nobel della Pace ha sottolineato l’importanza del ruolo delle donne nel mondo e la necessità che esse abbiano le stesse opportunità degli uomini nel contribuire allo sviluppo delle società. La Karaman rappresenta una nuova generazione fatta soprattutto di donne che si impegnano a forgiare una nuova visione del principio di cittadinanza nel mondo arabo, basato su diritti e responsabilità. Premiata insieme alla presidente liberiana Ellen Johnson Sirleaf e alla connazionale attivista Leymah Gbowee, la protagonista della “Primavera araba” è la più giovane delle tre. Giornalista, madre di tre figli, ha 32 anni ed è la fondatrice dell’associazione “Giornaliste senza catene”, creata nel 2005 con l’obiettivo di promuovere i diritti umani e la libertà di espressione. Tawakul Karman è una militante del partito islamico e conservatore Al Islah, il principale partito di opposizione in Yemen, arrestata all’inizio dell’anno e poi rilasciata inseguito della mobilitazione di migliaia di yemeniti riversati nelle strade e nelle piazze della capitale, Sana’a, a protestare per la sua scarcerazione. Non curandosi dei rischi che come tanti altri attivisti sta correndo in nome della democrazia, della libertà e della dignità umana, la Karaman continua ad inneggiare alla rivoluzione pacifica, dicendosi certa che presto il regime del despota yemenita sarà ribaltato e verrà istaurato un sistema democratico. Dal 2007, quando ha iniziato ad organizzare manifestazioni e sit-in a Freedom Square, la piazza divenuta luogo di raduno dei manifestanti anti-regime nel centro di Sana’a, riceve continue pressioni dalla polizia yemenita, che più volte ha cercato di intimidirla con minacce tese a dissuaderla dall’azione di protesta. Karaman è ormai un’eroina. Ha dedicato il suo premio a tutti i giovani della “Primavera araba”, agli attivisti e soprattutto alla memoria dei martiri e ai feriti in Paesi come il suo, la Libia e la Siria dove è ancora in atto una feroce repressione del popolo, delle libertà e della dignità.