Percorrendo viuzze acciottolate , lungo le mura secolari e l’abbraccio degli ulivi, si raggiunge un altrove di spazio e di tempo, dove ogni che appare storicamente integro e coerente con quella fiction vista così tante volte sul grande schermo, da aver assunto nell’immaginario collettivo caratteristiche di veridicità. Abbiamo incontrato una delle poche anime del piccolo gioiello incastonato nella Valle Picentina l’arch. Gregorio Soldivieri, che è tra i fautori dell’ incredibile restaurazione dell’intero villaggio. E’ un omone pacioso, mite e disponibile, anche alle nostre domande, rivoltegli in un insolito mercoledi in tarda serata…
D: Quanti abitanti conta il borgo medievale di Terravecchia ?
R: Non ci sono più di 51 abitanti. Ma il tempo, come le persone, sembrano idealmente fermi all’ anno 1000, tra botteghe e chiese dell’ antico feudo.
D: Qual è lo stile architettonico del borgo?
R: Potrebbe pensarsi a quello dei Longobardi, ma la loro produzione fu assai scarsa.Essi non seppero trovare loro forme e impiegarono ,di volta in volta, maestranze locali. Basta guardare la forma delle torri, delle mura, della porta di ingresso per avvedersi dell’ insussistenza di uno stile architettonico concreto, definito…Fu la collina a dettare il tipo di architettura ed a imporre i propri materiali e colori.
D: La tipologia costruttiva delle case appare inserita in un agglomerato urbano. Perchè?
R: Tutte le case nel borgo avevano ed hanno una tipologia costruttiva identica: fino agli anni 50 venivano considerate un luogo di rifugio, di riposo e di raccolta di tutto quello che serviva per vivere durante l’anno. Ogni famiglia viveva a valle, dove coltivava la terra e allevava animali, poi la sera saliva a casa con i propri armenti. La casa agricola inserita in un borgo medioevale era autonoma, quasi una fortezza nella fortezza; al piano terra tutti i servizi, cantine, forni, stalle e cisterne per la raccolta dell’acqua piovana, foderate di pozzolana, una pietra impermeabile di origine vulcanica. Si coltivava la terra per vivere; ci si rifugiava nel borgo fortificato per sopravvivere.
D: Terravecchia tra passato e presente: e il futuro?
R: Sono nato e vissuto a Terravecchia, assisto ora alla sua trasformazione architettonica e al cambiamento degli abitanti, che hanno modificato le loro case in alloggi per il fine settimana. Il modo di vivere semplice, rurale, è scomparso. Alcuni valori, purtroppo, sono andati persi, ma il futuro si è aperto, si è allargato; il paese assopito e decadente ricomincia a vivere, a respirare, grazie alla sensibilità di alcuni politici. Trasformarsi a volte consente di sopravvivere.
D: In che modo ?
R.: Un tempo vi passeggiavano romani, piceni e svevi, oggi nel borgo sono spesso di casa gli studenti dell’università, docenti, ricercatori e luminari della medicina,qui per convegni, master e seminari scientifici. Ma si tengono pure rievocazioni storiche, concerti, mostre di pittura , scultura e ceramica, come serate dedicate alla letteratura, alla poesia e al teatro: questo è il presente, ma sarà pure il futuro e anche di più.
D: Attualmente cosa prevede il programma degli eventi?
R: “L’arte al borgo”, nei giorni 7 ed 8 ottobre 2011. Un progetto teso a divulgare la conoscenza di talune categorie professionali che ieri come oggi possono rappresentare un grande tesoro per le generazioni future. Vi sarà anche la mostra del pittore e scenografo Sabato Catapano, l’esposizione e degustazione di prodotti tipici, dei seminari didattici sui mestieri e delle rappresentazioni teatrali.
D: Un appuntamento da non perdere…
R: Assolutamente no. A meno che non si preferisca immergersi nel tiepido tramestio della movida del sabato sera…In città.
Aspettavo questa risposta e colgo la palla al balzo per un’ultima domanda mordace… “Architetto, ma…Lei come fa a vivere a Terravecchia? ” Sorride, abbassa gli occhi un istante e nel primo dei suoi respiri, con semplicità
ribatte “ Esattamente come fa lei a vivere a Salerno! ”
Io ci sarò!
“Trasformarsi a volte consente di sopravvivere.” ct. che va inserita nel discorso.
Gli uomini sono capaci di grandi cose, alcuni giorni si può essere fieri di appartenere al genere umano.
Bella la venatura dell’intervista.
io adoro i piccoli borghi…soprattutto quelli che conservano una così importante storia…mi piacerebbe visitarlo un giorno…molto bella ed intensa l’intervista…
Il Borgo di Terravecchia soprattutto visto di sera è spettacolare…. E la storia mi era stata raccontata da uno scrittore Giffonese all’epoca della mia tesi di laurea e infatti l’ho ritrovata tutta nella tua intervista…
sono stata la scorsa settimana al borgo: un posto fantastico!
Uno dei posti più belli della Campania e di esempio. Il centro storico di salerno ben potrebbe ispirarsi a quella ricostruzione
Mi chiedo sempre quando si parla di “futuro” a proposito di questi luoghi fermi nel tempo, se in realtà la modernità che si affaccia sull’antico, non ne deturpi l’originaria , naturale bellezza!
capisco anche la necessità per i locali , di aprirsi al mondo per far conoscere anche i propri tesori e soprattutto per uscire da un isolamento che può rivelarsi una prigione.
Ma pur non conoscendo il luogo, lo immagino pieno di storia , di vite vissute, di anni trascorsi nel lavoro e nella fatica. Passeggiare per il borgo e immettersi nella sua atmosfera sarà un’esperienza indimenticabile.
I locali, come l’archittetto stesso conferma, hanno lì le loro radici e non le vogliono perdere!
Interessante intervista condotta con garbo e stile!
Terravecchia è davvero un posto speciale:passeggiando lungo i sentieri di questo borgo incantato,quello che si percepisce subito è l’amore che ha animato chi si è occupato della ristrutturazione di questi luoghi,impegnandosi anima e corpo, con la dedizione e la gratitudine di un figlio che vuole restituire la vita alla sua casa,al cerchio degli affetti,ai posti che l’hanno visto crescere.
Quest’atmosfera riesce a farci tornare nel passato,un passato comune nel quale anche noi possiamo ritrovare parte di noi stessi e della nostra storia.
Quando vado a Terravecchia mi piace restarci fino a tardi,guardare il tramonto,chiudere gli occhi,e immaginare che chi abitava questi posti,col calare del sole poteva ritenere conclusa la giornata,e godersi il meritato riposo.
Io, invece,resto lì a cena,nell’accogliente locanda-pizzeria che si trova nella parte più alta del percorso,e che offre un’ottima cucina casereccia,comunque molto ricercata e con prodotti locali di alta qualità.
Anche questo mi sembra un buon motivo per ritornarci!