Ho accettato volentieri la proposta dell’amico Mustang di presentare il suo libro, perché mi fa sempre piacere, quando vengo a conoscenza di un conterraneo, tanto più se salese, che è riuscito ad aver successo al di là delle nostre montagne, che sembrano fatte apposta per limitare gli orizzonti degli abitanti del Vallo. Ho avuto occasione qualche anno fa di trascorrere qualche ora in sua compagnia una sera, quando si esibì a casa mia in un concerto di chitarra e canzoni in varie lingue, non senza accenni significativi alla sua vita avventurosa. Appena mi ha dato il suo libro da poco pubblicato, immediatamente ho sentito il bisogno di leggerlo e ho trovato il suo modo di narrare a dir poco affascinante sia quando descrive la cattura di un granchio da bambino o i giochi di strada, come quelli pericolosi al tempo della guerra o la scena della mietitura o le impietose torture inferte agli animali sia quando racconta le sue straordinarie esperienze di vita. “Non sono uno scrittore”, egli dice, “ma … gli scrittori i loro racconti li hanno vissuti loro?”. E più avanti scrive: “Continuerò a raccontare la mia vita, così, semplicemente come se la storia della mia vita la stessi raccontando a degli amici in una ipotetica interminabile serata intorno al fuoco di un camino”. Benedetto Croce dà questa definizione della poesia: “Un sentimento gagliardo, che si è fatto immagine nitidissima”. Se questo è, e sicuramente lo è, il senso della poesia e dell’arte in generale, Mustang, da artista qual è, è sicuramente un poeta nato, sia quando scrive in versi che quando scrive in prosa. Non importa se dice di avere a stento frequentato la quinta elementare (per ben tre volte): in barba a grammatica e sintassi, riesce a farti penetrare senza fatica nel groviglio delle sue avventure a livello mondiale. Affascina fin da quando incomincia a raccontare le favole narrategli dalla mamma, per esempio quella di Menza Minzulla, nel lettone di sfoglie di granturco, sebbene la mamma fosse tornata stanchissima dalla campagna. A dodici anni parte per Bologna, giungendo lì come un terùn impacciato e comincia a lavorare come pastorello, poi come barcaiolo, poi come istallatore di cucine e fornelli elettrici, poi come barista; infine come cuoco ed è qui che comincia la sua fortuna, perché, dopo aver frequentato brillantemente un regolare corso di cucina per cuochi di sala, riuscirà a diventare chef dei ristoranti più famosi della capitale, dove incontra personaggi di spicco a livello nazionale e mondiale, come Elisabette Taylor e Richard Burton, John Waine, Tirone Power e Linda Cristian, De Sica e la Lollobrigida. Fortuna ancora maggiore è avere incontrato un professore di musica, che gli dà lezioni e lo fa diventare un ottimo cantante e chitarrista, avendo scoperto che questa era finalmente la vocazione che si portava dentro da quando vedeva il padre riparare e suonare l’organetto nella casa a monte della Chiazzarella. Giovanissimo, dopo un esordio strepitoso nel più famoso night club della capitale, fa il giro del mondo, da New York al Cairo, da Londra a Teheran, da Parigi a Vienna, dal Giappone alla Cina, dal Medio Oriente all’Estremo Oriente, cantando non solo canzoni di successo italiane, ma anche in lingue difficili come il persiano, l’arabo, il giapponese e il cinese. Raggiunge l’apice del successo, quando, per conto della prestigiosa catena di hotel Hilton, partecipa, nel Walford Astoria di New York, all’Italian Food Festival, cantando accanto a Frank Sinatra, Petula Clark, Sammy Davis Junior ecc. ed è persino ospite di Jimmy Carter alla Casa Bianca. In Italia non mancherà di fare la sua comparsa in televisione con Maurizio Costanzo. Si è sposato giovanissimo con una donna dalla quale ha avuto quattro figli e, pur rimanendo legato alla sua famiglia, ha avuto non poche avventure erotiche in giro per il mondo. Faccio a meno di parlarne, perché vi toglierei il gusto di leggerle direttamente. Persona di spirito, si diverte anche a raccontare scherzi compiuti in contesti importanti, ma ogni tanto ama ritirarsi nell’intimità della natura di un bosco e volentieri si concede di compiere gesti umanitari. In fondo dichiara di essere nato libero e finisce per sentire la mancanza dei suoi figli e del suo paese, Sala Consilina, dove attualmente ha creato il suo angolo di vita tranquilla. Nel suo libro, che ricalca la magica freschezza del racconto omerico dell’Odissea, ripreso,come si sa, magistralmente dalla tradizione orale, si ritrova appunto il fascino della narrazione del viaggio di Ulisse. Come Ulisse si esprime anche lui nei moduli della tradizione orale dei cundi e come Ulisse è tornato a Itaca. Anche se nessuno è profeta in patria, credo che sia venuto il momento che la comunità locale lo riconosca per quello che è e gliene renda il giusto merito. È l’auspicio per tanti nostri conterranei che si sono fatti onore nel mondo, affinché possano tornare all’antica madre, la propria terra, che degnamente li accolga, offrendo anche possibilità di lavoro che attualmente non ci sono. I più sentiti complimenti, intanto, da oparte mia e, come credo, da parte di tutti i presenti, ad Alberto Pica, come era conosciuto dalle parti della Chiazzarella, gloriosamente ritornato al suo paese sotto il d’arte di George Mustang.