Sessantotto anni fa nasceva il “golden boy” del calcio italiano. Ha incantato intere generazioni di tifosi.
Il 18 agosto del 1943, in un paesino dell’alessandrino, nasceva colui il quale dopo poco più di sedici anni sarebbe diventato il “golden boy” del calcio nostrano. Parlo di Gianni Rivera, calciatore per eccellenza che in un eccesso di romanticheria calcistica Gianni Brera definì “l’abatino” per quel suo modo signorile di muoversi in campo e per quella grande classe nel calciare la palla. Poche partite nell’Alessandria dove nel ’59 segno un mitico goal dal calcio d’angolo (sua grandissima specialità!!), subito dopo passò al Milan dove rimase fino a fine carriera. Nel 1963 dopo aver vinto già due scudetti in rossonero compì il suo capolavoro storico. Era il 22 di maggio e il Milan giocava la finale di Coppa Campioni, contro il Benfica, nel mitico stadio di Wembley a Londra. All’inizio del secondo tempo con il risultato fermo sull’1 a 1 intravide con la coda dell’occhio Josè Altafini nel cerchio del centro campo, al di qua della linea mediana ma al di la di tutti i difensori portoghesi, un attimo, un lampo geniale ed ecco la palla tra i piedi del mitico Josè che incominciò la sua cavalcata nella storia dello sport. Costa Pereira gli si fece incontro, parò il primo tiro ma sulla rimessa Altafini fu stupendo. Palla nel sacco, 2 a 1 per il Milan e Coppa alzata al cielo. Prima, però, il lungo caloroso abbraccio con Gianni Rivera, anche questo gesto rimarrà nella storia del calcio; a due metri da loro, in lacrime, il grandissimo Eusebio. Era ed è la legge dello sport. Poi Rivera ha vinto di nuovo la Coppa Campioni nel ’69, ha vinto diversi altri scudetti, ha sfiorato la Coppa del Mondo nel 70. Anche lì, nella semifinale con la Germania, compì un altro capolavoro passato alla storia del calcio proiettando con il suo quarto goal l’Italia verso la finale con il Brasile che perdemmo, stranamente, in malo modo. Anche lì la legge dello sport si impose. Infine il lento inesorabile declino, sempre composto, mai superbo, rispettoso del campo e dei calciatori. Oggi festeggia i suoi 68 anni nella tranquillità della sua vita familiare dopo aver assaporato anche l’ebbrezza del Parlamento e del Governo nazionale.