Acqua, Aria, Terra, Fuoco

Roberto De Luca

Empedocle da Agrigento pensava che il mondo così come lo conosciamo fosse il risultato della miscela di quattro elementi fondamentali: acqua, aria, terra, fuoco. Questi elementi, combinandosi tra loro per mezzo di forze attrattive (amore) o repulsive (odio), avrebbero dovuto dar luogo, secondo il filosofo della Magna Graecia, all’essenza dei minerali, dei vegetali e degli animali. Adesso sappiamo che la realtà che circonda è molto più complessa di quanto ipotizzasse Empedocle. Eppure, così com’è universalmente noto, questi quattro elementi svolgono un ruolo davvero importante per la vita dell’uomo sul pianeta Terra.

 

E il pensiero va all’acqua che ha rotto gli argini del fiume Tanagro, invadendo le case di tanti agricoltori, lo scorso novembre. O all’acqua che, ci dicono, non arrivi in alcune abitazioni in località Quaddariello, un ridente agglomerato di case in montagna a Sassano, per via di una rottura dell’acquedotto non riparato. Oppure alla destinazione di quell’acqua captata in flussi enormi, scavando nel ventre di una montagna ai piedi del monte Cervati, per usi diversi. Oppure a quel dono di primavera (2010) che mai è stato apprezzato: l’acqua sulfurea di via Molinella, sempre a Sassano. L’aria è quel dono immateriale di cui possiamo usufruire senza che alcuno ne abbia ancora tentata la privatizzazione, a differenza dell’acqua, per la quale abbiamo dovuto lottare perché rimanesse un bene pubblico. L’aria è un dono prezioso, che riusciamo a inquinare in modi diversi. Abbiamo inquinato anche la terra, che ci dà cibo, con rifiuti tossici. Presto a Santa Maria Capua Vetere si celebrerà il processo contro un manipolo di persone che hanno sversato materiale nocivo in terreni vergini anche nel Vallo di Diano. Grazie all’inchiesta Chernobyl, portata avanti dal pm Donato Ceglie, che ha fatto in modo che si sequestassero dei terreni a Teggiano, Sant’Arsenio, San Pietro al Tanagro e San Rufo, si è sventato un grave pericolo. Siamo stati avvertiti, in questo modo, che alcune attività illecite si svolgevano anche nel nostro territorio, che non è nuovo a queste misere esperienze. Ed è come se non riuscissimo a capire che l’ambiente – e con esso il suolo, la terra – è un dono da preservare. La cosa che fa ancora male è l’assordante silenzio su questi avvenimenti e la quasi totale mancanza d’informazione sull’intera vicenda. Da ultimo il fuoco ha fatto capolino nella contrada di Sant’Agata, già colpita dall’alluvione del novembre 2010. Acqua e fuoco, quindi, da temere a Sant’Agata; la terra per vivere e l’aria per respirare. Su questo evento mi vorrei brevemente soffermare non per spirito di polemica, ma solo per dare qualche consiglio a chi è chiamato alla tutela del territorio. L’incendio è divampato all’interno del canale parallelo al fiume Tanagro. A quest’opera artificiale è demandato il compito di alleviare il flusso d’acqua nel corso principale durante le piene. Nasce a Ponte Cappuccini, in Silla di Sassano, dove è presente una chiusa, e attraversa la contrada di Sant’Agata e di San Giovanni, nel territorio di Sala Consilina. Abbiamo apprezzato, dopo l’alluvione del 2010, la funzione di queste opere di sapiente ingegneria idraulica effettuate all’inizio del secolo scorso. Adesso il canale parallelo è oggetto di pulitura dalla vegetazione che ne aveva invaso l’alveo. I residui sono stati probabilmente lasciati “in situ” e, dopo l’essicazione, hanno preso fuoco o sono stati bruciati, non è dato sapere. Fatto sta che le fiamme che si sono sviluppate hanno lambito l’abitazione di alcune famiglie della contrada. E così abbiamo imparato che anche il fuoco è da temere. Diremo solo questo, come corollario di quanto scritto: i residui del taglio sono doni preziosi. Essi costituiscono la cosiddetta biomassa, che può essere raccolta, essiccata e destinata all’incenerimento in caldaie di piccole o medie dimensioni. È giunto il momento di pensare in questi termini, ormai: fare tesoro di qualsiasi dono della natura, cercando di preservare l’integrità del nostro suolo e del sottosuolo. È il momento di pensare allla vegatazione che cresce nella nostra vallata, all’acqua che beviamo, all’aria che respiriamo, al cibo che mangiamo. È l’ora di dare a questi eroi moderni – i nostri agricoltori – il ruolo che essi meritano nella nostra società, che deve diventare sempre più una civiltà della conoscenza, del buon vivere nel rispetto delle cose che ci circondano, e sempre meno una civiltà della deliquenza, di quella che sembra stia prendendo il sopravvento, di quella a cui ci riferiamo con un solo termine: camorra. Ma anche per la camorra, come per la realtà che ci circonda, dobbiamo dire che essa è un fenomeno complesso di difficile definizione e comprensione. La lotta contro la camorra, tuttavia, è una lotta per l’acqua pulita, per la terra integra, per l’aria tersa, e per il giusto fuoco, che ci auguriamo possa continuare a riscaldare le nostre dimore nelle lunghe e umide serate invernali.

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