Tutto come nel più classico dei copioni, ora arriva la fuga di notizie.
Io non so quanti giornalisti che oggi scrivono di cronaca giudiziaria hanno seguito un processo penale importante dalla prima all’ultima udienza rimanendo in aula anche, a volte, per giornate intere. Io l’ho fatto tanti anni fa per seguire, dal primo all’ultimo minuto, il primo grado del mitico processo ”Fondovalle Calore”. Dall’ottobre del ’93 fino al febbraio del ’94 per tutte le udienze rimasi fermo in aula anche fino alle due di notte. E ne ho visto di tutti i colori: imputati nervosi, testimoni che sbadigliavano, giudici che giocavano con topolino, qualcuno che si addormentava chinando in avanti il capo. Insomma ho imparato, allora, come funzionano le indagini preliminari, i processi e in generale la giustizia in questo Paese. Da allora non è cambiato nulla e non ho avuto più bisogno di seguirne altri, si ripetono come copioni già scritti e per questa ragione rifuggo dalle trascrizioni dei verbali di cui sono pieni i giornali anche oggi sul caso Gambino. E’ sempre così, e come se niente fosse i giornali continuano (capisco che ci sono ragioni commerciali!!) a ripercorre gli stessi errori di pubblicare pedissequamente tutto quello che viene fuori dalle segrete stanze del palazzo. E puntuale arriva la fuga di notizie, la caccia alla presunta talpa, eccetera eccetera. Tutti quanti a crederci ed a scrivere pagine e pagine. Io, però, vorrei cercare di capirci qualcosa sull’identità di queste talpe. Partiamo dall’inizio. Il PM d’iniziativa o sulla base di una notizia criminis attiva un’indagine, a questo punto lo sanno almeno in due se non in quattro: il procuratore capo, il pm, il segretario del pm e l’indagato (con annesso avvocato) se è necessario avvisarlo, poi potrebbe esserci l’autore dell’esposto che spesso è anonimo; anche le Forze dell’Ordine nel caso di rapporto giudiziario. Dunque esiste per ogni inchiesta delicata un preciso e ben limitato numero di persone in grado di passare notizie non solo agli indagati ma anche ai giornalisti. Il numero si restringerebbe ulteriormente e notevolmente se ogni fascicolo venisse ermeticamente custodito alla fonte, cioè dal PM; allora si che l’indagine conoscitiva per scoprire la talpa sarebbe molto più semplice e sbrigativa. Invece accade tutto il contrario. Per ogni inchiesta di spessore compare l’ipotesi della talpa che puntualmente non viene mai scoperta e condannata. E allora questa benedetta talpa chi è? A mio sommesso avviso è una talpa immaginaria che viene buttata nella mischia da chi ha ragione di ritenere che le indagini preliminari possano avere un esito anziché un altro, e questo accade sempre. Leggevo oggi un titolo sull’esistenza della talpa nel caso Gambino: “Riflettori accesi sull’insospettabile che informava gli indagati…”, semplicemente allucinante. Difatti mi sono posto delle domande: “Se è insospettabile non fa parte del novero delle persone che ho citato innanzi e se non è uno di questi chi può essere in grado di entrare nelle segrete stanze (procura, carabinieri, ecc.) per prelevare tutto il materiale, casomai fotografarlo per poi studiarlo e cominciare la diffusione di notizie vere o false che siano!!”. Solo e soltanto pura fantasia; insomma dovremmo avvalorare la presenza di un “grande vecchio” in grado di dare ordini, di smistare, di indirizzare, di sviare e di copiare. Ma di questi grandi vecchi ce ne dovrebbero essere davvero tanti se per ogni inchiesta giudiziaria pesante c’è la presenza di una talpa. Quasi come a dire che viviamo in un Paese in cui quella della talpa dovrebbe essere la professione migliore. Pura fantasia!! Quando poi la fantasia galoppa ci vuole poco a creare più talpe per la stessa inchiesta. Accadde per il processo Fondovalle Calore con la presenza di almeno quattro talpe: una che era entrata negli uffici sequestrati e sigillati di Raffaele Galdi e Franco Amatucci e da quegli uffici aveva spedito un fax; un’altra che aveva minacciato di far saltare in aria l’auto del pm Vito Di Nicola, una terza che dalla stanza del sindaco Vincenzo Giordano aveva sottratto carta intestata e timbro ufficiale del comune e un quarta che si sarebbe prima spacciata addirittura per Raffaele Galdi ad una riunione cosiddetta di “affari poco puliti” e poi avrebbe fotografato insieme un gruppo di persone (un magistrato, un giornalista, una donna dei servizi segreti e un uomo della Guardia di Finanza) intenti a scambiarsi notizie e dossier sulle presunte malefatte di Salerno. Tutte fantastiche invenzioni che cercavano di accreditare alle indagini preliminari una valenza che assolutamente non avevano come ampiamente dimostrato nei vari gradi di giudizio. Almeno in quel caso fu così.